Cresci pensando
che sarai sempre seconda, perché hai un fratello che per te è tutto
e che ti dice stupida, e quindi se lo dice lui dev' essere per forza
vero. Gli unici che ti considerano intelligente sono i tuoi
insegnanti, e così gli altri bambini ti odiano perché li fai
sentire inferiori.
Diventi la
cocchina della maestra senza neanche accorgertene.
Cresci sola,
preferisci giocare per i cazzi tuoi e inventare avventure da mettere
su carta. I tuoi pastelli danno vita al mondo che hai dentro. Un
mondo che nessuno può portarti via o giudicare.
Cresci pensando
che diventerai un'artista, e che potrai fare quello che vuoi, perché
nessuno ti vuole dottore, o maestra, o avvocato, o sposata e con
tanti marmocchi: i tuoi genitori ti amano per quello che sei:
intelligente, timida, permalosa e un po' eccentrica.
Cresci al fianco
di un padre smanettone, sempre attaccato ai computer come a una fonte
di sostentamento perenne. Non capisci sempre tutto di quello che
digita oltre quel “C:\”, ma ti piace assisterlo e poter dare una
mando a smontare e rimontare, quando serve. Come tutte le bambine
curiose ti piace imparare da lui, renderlo orgoglioso, anche se la
tecnologia non può sostituire il grande amore per l'arte e per i
libri, che divori avidamente.
Pensi di essere la
ragazzina più fortunata del mondo, perché hai dei genitori che non
ti obbligano ad andare a catechismo, a messa e altre cazzate, e ti
hanno sempre insegnato a pensare con la tua testa. Ti hanno insegnato
il valore della parola “responsabilità”, ma ti hanno anche
trasmesso un senso di leggerezza e un umorismo che salverebbe
chiunque in tempo di crisi, senza mai dimenticare l' altruismo e la
solidarietà. Ti hanno insegnato a fidarti del genere umano, e a
diffidare degli sconosciuti.
Poi un giorno
tutto crolla nel giro di una manciata di secondi.
Un abuso sessuale
di tipo incestuoso, lo chiamano gli esperti.
Un tradimento. Un
infanticidio. E' quello che è per te, mentre tuo padre ti porta via
tutto quello in cui fino ad allora avevi creduto. Tutto quello che ti
era stato insegnato.
Il giorno dopo si
fa finta di niente.
Sei in apnea,
ancora non riesci a credere a cosa sia successo.
Pensi che avrai
quindici anni tra pochi mesi, e che la tua vita non doveva andare
così.
Ti chiedi cosa
devi fare adesso, mentre ti senti soffocare.
Ti senti sporca.
Ti senti un
mostro.
Un pezzo di te
muore per sempre.
Cerchi di salvarne
il ricordo mettendolo nelle pagine di un diario.
Cerchi di salvare
almeno la prova della sua morte.
Vedi la bambina
che eri che si allontana in silenzio, un silenzio di mille cuori
spezzati che ti assorda e rende impossibile ascoltare tutto il resto.
Smetti di sognare,
smetti di pensare a cosa farai da grande. Smetti di dipingere, di
studiare, di dare soddisfazione agli insegnanti. Diventi una
qualunque ragazzina problematica.
Affondi pian piano
nelle sabbie mobili. Non guardi più quando attraversi la strada, non
hai più paura di morire o di ferire gli altri. Non chiami mai aiuto,
vuoi mettere gli altri alla prova: vuoi sapere chi verrà a salvarti.
C'è sempre tuo
padre, con te. Ma invece di chiedere aiuto per voi, invece di
chiedere scusa, ti chiede preoccupato come stai, con voce tremante e
uno sguardo colpevole e pieno di vergogna. Non si sta preoccupando
per te: ha paura per sé stesso.
Vuole assicurarsi
che non farai scenate, che nessuno saprà mai cosa ti ha fatto.
Ti dice che tua
madre ha capito tutto, perché ha letto sul tuo diario cosa è
successo,e ti chiede di smettere di scrivere. Invece di tenderti una
mano, ti spinge più a fondo nelle sabbie mobili per non dover
affrontare le sue responsabilità. Ti chiede se per favore puoi
affondare da sola.
Te lo chiede con
tono gentile, mentre ti accompagna a scuola, mano nella mano.
Un diario scomodo,
il tuo. Una prova di vigliaccheria paterna.
Eccolo lì:
Un estraneo. Un
padre.
Tua madre non
vuole denunciare. Ti porta tutte le settimane da una psicologa. Per
il tuo bene, dice. Gli amori vanno e vengono, ma ciò che lega una
madre ai suoi figli è per sempre, dice.
Tu vedi solo
l'assenza di una denuncia. Omertà, che brutta parola.
Alla fine è la
psicologa a dirti che coprire un abuso di minore non rientra nel
segreto professionale.
E' la psicologa,
alla fine, a convincere mia madre che non ha altra scelta. Così lei,
controvoglia, ti ci porta.
La deposizione, il
processo, il patteggiamento per una riduzione della pena. E' l'unico
motivo per cui tuo padre ammetterà mai di averti fatto del male.
E poi
l'adolescenza.
La lotta per
sentirti "normale", malgrado tutto.
La scoperta del
sesso, il piacere nello smontare i pregiudizi e le paure del mondo. E
le tue con esse.
La ricerca di una
nuova stabilità e di equilibrio.
Dover essere
sempre forte...
Sola contro tutti.
Un guscio sempre
più venato,
Un buco nero che
ti divora da dentro.
Una casa senza
fondamenta.
Vedere da fuori le
famiglie degli altri, e non capire cosa sia andato storto nella tua.
Imparare a non
lasciarsi mai toccare, soprattutto da chi ti piace,perché fa troppo
male,
e non parlare mai
di te:
Tenersi tutto
dentro.
Avere paura di
tutto.
Passare da un
rapporto problematico all' altro
Da un ragazzo
immaturo all' altro.
Da una persona
disfunzionale all' altra.
Dall'essere usata
all'essere respinta.
Stanca di essere
troppo,
stanca di non
essere abbastanza,
stanca di non
andare mai bene,
di essere sempre
solo "quasi adatta".
Restare a galla
nelle sabbie mobili.
Avere paura del
buio a vent'anni, perché è nel buio che tuo padre ti ha preso l'
anima.
Avere paura del
proprio salotto. Di tornare dal liceo e trovarlo in casa a riparare
qualcosa, "perché non possiamo permetterci un tecnico"
dice la mamma.
Odiare la tua vita
e la tua casa.
Andare avanti,
sempre e comunque andare avanti, contare sempre e solo su te stessa,
diffidare di tutto e di tutti,specie di chi ti ama, perché il troppo
amore soffoca, e perché chi ti ama mente sempre "per il tuo
bene"...
Un bel giorno non
reggi più e te ne vai, senza guardarti indietro.
Prendi piccole
boccate d'aria fresca: amici e amori.
Persone che ti
vedono per ciò che sei, e ti accettano.
O almeno così tu
credi...
La scoperta della
libertà e della felicità.
Poi la gelosia e
l' incomprensione
il mobbing
i giudizi della
gente
E poi ti dicono
che, dopo anni che cerchi di non odiare il tuo corpo, è il tuo corpo
che odia te, e si ammala.
Provi solo dolore.
Ti portano via in
barella.
L'ospedale, gli
aghi, le urla incessanti dei neonati, i medici per cui sei una
paziente come tante.
Una sfilata di
estranei di cui devi fidarti, a cui devi lasciare esaminare e toccare
il tuo corpo.
Volerti solo
chiudere in bagno, sederti da sola, in silenzio, essere lasciata in
pace da tutti...
...e poi arriva
Moreno.
Una mano calda,
una spalla su cui riposare.
Un paio di braccia
forti che ti avvolgono.
Potrò
fidarmi?Sarò capace di lasciarmi andare?
Sarà un bene
abbassare la guardia?
E poi, una casa.
Un letto.
Musica che viene
da un computer, profumo di cibo buono, come quello che faceva la tua
mamma quando cucinava fischiettando.
E poi Thomas.
Ridere insieme
delle nostre scorregge sotto le coperte, parlare fino alle 5 di
notte,
sentire il battito
dei nostri cuori.
Giocare insieme al
pc.
Avere di nuovo
voglia di dipingere, di cantare, di sognare.
Guardarsi negli
occhi, e non ricordare com'era stare l'uno senza l'altro.
Avere la
sensazione di amarsi da prima ancora di conoscersi.
Eccoti lì. Di
nuovo in una casa buia. Un altro soffitto scuro, ma non hai più
paura del buio.
C'è rumore di
gatti che mangiano, e un ragazzo caldo accanto a te che russa come un
cinghiale.
E' un posto
morbido e tiepido, che ti accoglie in sé.
Un posto da cui
nessuno ti manderà via all' improvviso.
Un posto in cui
non sia più necessario chiudersi da sola in camera per non sentire
le litigate, o per paura di incrociare il mostro che ha divorato mio
padre e che ne ha preso il posto.
Dove posso essere
me stessa.
Dove nessuno mi
minaccia e mi fa paura.
Dove non sarò mai
usata da nessuno.
Dove mi sento di
nuovo utile e importante.
Dove potrò
invecchiare felicemente.
Un posto in cui
nessuno può entrare senza il mio permesso.
Un posto da cui
non sarò costretta a scappare, perché qui sono benvenuta, e nessuno
mi farà più del male.
Ecco un nuovo
posto da chiamare "casa".
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