giovedì 6 gennaio 2011

Un' altra vita

bea da piccola


A volte mi chiedo come sarebbe la mia vita, in un universo parallelo in cui la mia famiglia è sempre stata “normale”.
Avrei intrapreso una vita molto simile a quella di Anna, avrei viaggiato per il mondo, certa che ovunque andassi avrei sempre potuto contare sul sostegno e l'affetto dei miei genitori, senza però considerarlo un peso.
Sarei stata più intraprendente e più sicura di me, ma sempre un po' goffa, perché così io ci sono nata!

Sarei probabilmente diventata il prototipo della “brava ragazza”: impegnata socialmente, sposata e con qualche figlio, un lavoro tranquillo, magari come insegnante o bibliotecaria, o forse illustratrice, se avessi avuto più costanza e più “fondi” per poter disegnare a tempo perso.
Sposata, sì, e fedele tutta la vita a una persona sola. Forse ne avrei sofferto, mi sarei sicuramente sentita intimamente insoddisfatta, ma avrei dato la colpa alla mia sensibilità o qualche altra cazzata simile, giustificando il tutto con qualche citazione di poeta secondo cui le grandi menti sono sempre turbate da dubbi esistenziali, e sempre in cerca di qualcosa di indefinito.
Avrei sfogato questa frustrazione nell'arte, nello yoga, e ne sarebbero venuti fuori ottimi lavori.

Forse non mi sarei neanche mai posta la domanda se fossi etero o meno, dato che mi sarei aspettata che una persona "normale" con una famiglia "normale" avrebbe avuto anche una sessualità "normale".
Avrei avuto forse meno problemi con il contatto fisico, anche se già ero timida prima di finire le medie. Ma tra essere un po' timida e avere paura di toccare gli altri c'è una bella differenza.

Me ne accorgo quando gli amici di Moreno mi abbracciano o mi toccano, magari per farmi un massaggio o per scherzare con me: è una cosa che mi provoca un profondo disagio.
Riesco a sforzarmi di lasciarmi avvicinare e toccare solo dalle persone che mi piacciono davvero, che mi amano e mi vogliono, perché cerco di fidarmi, e non voglio negarmi a loro per qualcosa di cui non hanno colpa.
A volte quando vedo i miei amici che abbracciano liberamente i propri genitori, giocano alla lotta tra loro, ridono e scherzano, lasciando traspirare il loro affetto reciproco tra una frecciatina ironica e l'altra, non posso fare a meno di provare un misto sgradevole e ignobile di gelosia, invidia, e un pizzico di nostalgia. Quei momenti, per me, non torneranno mai più.

Non c'è possibilità di riavvolgere il nastro della mia vita fino al punto in cui si è rotto.
Posso solo vivere nel presente, cercando di prepararmi per gli avvenimenti e le emozioni che mi riserva il futuro. Ma se mi guardo indietro, vedo un deserto di macerie affettive.
Non c'è più niente, là, per me.

Non so se la mia fiducia negli “adulti”, come li considero ancora io (cioè la gente di più di 10-15anni più vecchia di me) sia stata irrimediabilmente minata per sempre, o se qualcosa si possa ancora salvare. Provo sempre un certo disagio nel parlare ai genitori di partner e amici, per svariati motivi: perché magari li conosco poco, perché mi sento di tradirli se non dico loro la verità sulla mia vita, o più semplicemente perché io , degli "adulti", non mi fido più.
Vedo uomini e donne al di sopra dei 35 anni come persone interessate solo al mio corpo o invidiose di esso. Diffidenti verso me, come lo sono io verso di loro.
La maggior parte degli uomini mi guarda come se fossi un bel pacco regalo da scartare, mentre le donne di mezza età sono spesso troppo concentrate a giudicare lo stile di vita altrui o i dettagli superficialli come il vestire, le buone maniere e cazzate simili, per notare ciò che una persona si porta dentro.
Mi fanno un po' pena, perché ho capito che è il loro modo di distrarsi dall'ossessione per le loro rughe, la cellulite, la vecchiaia che avanza e la paura di morire soli. Le donne invecchiando si sentono deboli, fragili , inadeguate.
Gli uomini, invece, con l'aumentare dell'età si fanno più predatori e bavosi, nei miei confronti. Non so se sia la sicurezza di sé derivante da un miglioramento delle loro condizioni socioeconomiche e dalla stabilità raggiunta con una maggiore esperienza, o se sia soltanto disperazione.
Finora la maggior parte delle persone che ho incontrato rientrava tristemente in queste 2 categorie, suoceri e parenti compresi.

Anche qualora non ci fosse tensione sessuale, la tendenza delle persone più anziane è di trattarmi come se fossi una specie di stupido animaletto da compagnia: molto carino, certo, ma incapace di pensieri propri e di compiere azioni costruttive, e quindi del tutto accessorio.
È molto difficile per me riuscire a provare rispetto per qualcuno che mi giudica automaticamente inferiore, sulla base di una precisa gerarchia sociale basata sull' età, che vuole per forza di cose le persone più “grandi” al di sopra, in quanto hanno “più esperienza”.

Ma più esperienza in cosa, poi?
Un mio amico che ha quasi l'età di mio padre una volta mi ha detto che nonostante io sia molto più giovane di lui, ho avuto molte più esperienze in ambito di sperimentazione sessuale.
E sono pronta a scommettere che, anche in fatto di vita, la maggior parte degli abitanti del paesello in cui sono cresciuta non abbia mai vissuto altrove per più di un anno di fila. Ciò nonostante, tutti si sentono in diritto di considerarmi più inesperta o meno ferrata in qualcosa, semplicemente perché sono una ragazza a cui piace parlare poco, e parla solo quando ha qualcosa di davvero importante da dire (e anche in quei casi ci arriva mooooolto, molto lentamente).

Non me la prendo troppo quando qualcuno mi giudica, ma sono sempre sulla difensiva, perché giudicare gli altri è il primo passo verso il tentativo di limitarli e controllarli. E' un segno di insicurezza, e nel mio mondo non c'è spazio per chi non crede in sé stesso.
E poi io odio i legacci. Preferisco passare per stronza e dire subito a qualcuno che il mio modo di vivere sinceramente non sono proprio cazzi suoi, piuttosto che dover poi fare i conti con persone che si sentono in diritto di gestire la mia vita solo perché mi sono mostrata troppo condiscendente e ho lasciato correre.

Dopo la brutta esperienza di avere avuto dei genitori non all'altezza del loro ruolo, mi sono scontrata con le diverse realtà dei genitori dei miei partner (almeno di quei pochi che hanno deciso che ero degna di conoscerli).
Non si è mai trattato di incontri felici: i genitori del mio ex, con cui ho convissuto per 3 anni, erano estremamente abusivi nei suoi confronti, il loro era un rapporto basato su dipendenza reciproca e ricatti morali. Un rapporto viziato, di cui a farne le spese era quasi sempre il mio ex, che ci si rovinava la salute. Più di una volta ho sofferto nel vedere il ragazzo che amavo crucciarsi per i problemi che continuavano a procurargli i suoi familiari, e ci sentivamo spesso come stretti in una morsa da cui sembrava impossibile liberarsi.

Inutile dire che loro non mi hanno mai accettata: La madre di lui era gelosa di me, mi considerava una specie di demonio, e credeva che stessi cercando di portarle via il suo bambino. Peccato che il bambino in questione fosse adulto e vaccinato!
Il padre era un uomo gretto e incapace di sensibilità, che ha continuato a chiamarmi erroneamente “Veronica” di tanto in tanto, per tutta la durata del mio rapporto con suo figlio. Io provavo una profonda repulsione per entrambi, dovuta sia al loro berlusconismo-razzismo-bigottismo sconcertante, sia alla loro ignoranza e mancanza di rispetto nei confronti miei e del loro stesso figlio, che continuavano a caricare di pesi emotivi gravissimi.
Anche loro si sono rivelati due genitori non all' altezza del loro compito.

Gli altri genitori che ho incontrato ricalcano più o meno questo stereotipo, a volte erano più colti o meno stronzi, più ipocriti o meno bigotti, più educati ma più subdoli, ma la sostanza di fondo cambiava poco: Io ero un'estranea per loro, e quando cessavo di esserlo, loro diventavano degli impiccioni per me.

Ho finito per rassegnarmi all' idea che non sarei mai riuscita a farmi piacere nessun “adulto” nella mia vita, figuriamoci fidarmi di loro.
Almeno finché non ho conosciuto la mamma di Moreno, che pur avendo tutti i suoi problemi, è una donna fantastica e piacevole.
Mi piacerebbe frequentarla più spesso. Anche perché lei è l'unica “adulta” che sa di Tom, e che non mi ha mai giudicata per il rapporto che ho con Moreno.

E' l'unica persona “grande” con cui posso essere veramente me stessa, tolta mia madre, che vive a centinaia di kilometri di distanza da qui, con un uomo per cui provo orrore, e che quindi, pur con tutto lo sforzo possibile, è infrequentabile per la maggior parte del tempo.

Per una straordinaria coincidenza, anche la mamma di Moreno è appassionata di astrologia e fa la maglia, proprio come mia nonna, con la quale non potrò più esercitare questi miei due interessi, a causa sempre della nostra lontananza e delle sue condizioni di salute sempre peggiori.
Paradossalmente, andando a vivere lontana da dove sono cresciuta, ho trovato un legame con ciò che ho lasciato a dietro di me.

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